Se 1.239 gol non bastano (per giocare nella Seleção)
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di Mario Sconcerti
Storia di Arthur Friedenreich, mulatto atipico e dagli occhi chiari che non riuscì mai a partecipare a un Mondiale. Ma inventò da solo la differenza del calcio brasiliano.
Nel 1910, quando aveva 18 anni, il suo debutto fu come un’apparizione pagana: giocava un calcio che nessuno aveva mai visto, niente a che fare con quello dei marinai inglesi o con le mosse fisiche dei bianchi. Come scrisse Eduardo Galeano, «da Friedenreich in avanti, il calcio brasiliano, quando è davvero brasiliano, non ha angoli retti».
Eppure, la sua convocazione al Mondiale uruguaiano del 1930 sfumò per motivi banali, ma più importanti del numero smisurato dei suoi gol.
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Storia di Arthur Friedenreich, mulatto atipico e dagli occhi chiari che non riuscì mai a partecipare a un Mondiale. Ma inventò da solo la differenza del calcio brasiliano.
Nel 1910, quando aveva 18 anni, il suo debutto fu come un’apparizione pagana: giocava un calcio che nessuno aveva mai visto, niente a che fare con quello dei marinai inglesi o con le mosse fisiche dei bianchi. Come scrisse Eduardo Galeano, «da Friedenreich in avanti, il calcio brasiliano, quando è davvero brasiliano, non ha angoli retti».
Eppure, la sua convocazione al Mondiale uruguaiano del 1930 sfumò per motivi banali, ma più importanti del numero smisurato dei suoi gol.
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